utorok 10. novembra 2009

Grazie ai demolitori


La caduta del muro di Berlino ha cambiato la mia vita. A quel tempo avevo 11 anni e vivevo in un paese che apparteneva al bloc sovietico – con tutte le dovute conseguenze. Alla scuola obbligatoriamente imparavo il russo; invece di dire “buon giorno”, dovevo salutare “onore al lavoro, compagna maestra”; invece di andare in chiesa, facevo parte dell'unione dei pionieri. Sono stato battezzato nascostamente in una piccola parrocchia fuori città, la prima comunione l´ha dovuto fare in un´altra parrocchia, dove mio papa mi portava per il catechismo ogni settimana. Non erano troppo coraggiosi, i miei: sapevano bene, che per farmi seguire le lezioni di religione alla città, potevano perdere la posizione al lavoro; a me, invece, sarebbe stato vietato lo studio all'università. Allora tutto si faceva segretamente. Il regime comunista aveva i suoi occhi ovunque.

Fra le conseguenze dell'oppressione sovietica, però, non c´era solo la perdita della libertà religiosa e quella d´espressione. Sistema economico controllato completamente dallo stato aveva causato un forte sottosviluppo: a fronte dei paesi europei con il mercato libero, eravamo rimasti parecchi passi indietro. Questo si sentiva in ciascuna sfera. Non c´erano imprenditori, mancava la concorrenza. Lo stato teneva tutto nelle mani. Poi, ad esempio, per comprare una macchina, uno doveva aspettare otto anni… Le cose di una migliore qualità non arrivavano mai ai negozi o si mettevano sotto il banco per essere vendute solo ai migliori amici. Il regime, però, ci mentiva che eravamo noi i paesi più avanzati d´Europa. Per non farci scoprire la verità, non si poteva viaggiare all'estero.

Mi ricordo che un´anno prima della caduta del muro, la mamma voleva portarci a casa per il Natale qualcosa speciale. Ha deciso di comprare un´ananas. Dopo di aver fatto una coda da cinque ore in un gran negozio alla città provinciale, ha portato un grosso ananas (ciascuno poteva comprarne al massimo uno) e l´ha messo in un cestino accanto all'albero di Natale. Mi sentivo come in paradiso. Non vedevo ora di poter assaggiarlo – ma ero tenuto ad aspettare: era troppo prezioso (costava un patrimonio), allora si doveva mangiare solo dopo una mostra privata a tutta la famiglia. Questa durava più di una settimana. Alla fine, quando lo volevamo tagliare, si scoprì, che era completamente marcito. Oggi ricordo con sorriso la mia delusione, ma quel giorno mi sentivo proprio tradito. Ciò che non capivo allorché era il fatto, che più di quell’ananas, era marcito il sistema politico. Per questo voglio ringraziare a quelli, che avevano il coraggio di dirlo ad alta voce e non temevano a mettere le loro mani contro i panelli di un muro, che ci separava dalla libertà.

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