pondelok 25. januára 2010

Le scomuniche sono una tragedia


La settimana scorsa c´é stato un vero uragano nei mezzi pubblici del mio paese. La scomunica di tre sacerdoti novelli ed un diacono da parte dei vescovi slovacchi ha suscitato altissimo interesse. Che cosa è successo e perché i preti giovani si sono rivolti contro i loro superiori? La risposta non si trova a Jarok, un villaggio piccolo dove i ragazzi sono andati a trovare rifugio. Bisogna cercarla in Ucraina. La ribellione non era nata nelle teste dei presbiteri giovani. Proviene da un uomo che era presente all'inizio della loro vocazione spirituale. Don Eliáš Antonín Dohnal, secondo coloro che lo conoscono, è un prete con qualche carisma speciale. Quelli, però, che lo conoscono più lungo, aggiungono che abbia un carattere conflittuale e non gli piacciano i cambiamenti nella Chiesa. Nel 1991 entrò nell'ordine basiliano. Più innanzi, dopo numerosi conflitti a Trebišov e Prešov in Slovacchia, si è trasferito nella Repubblica Ceca, dove ha fondato un monastero a Sázava. Fra poco, però, a causa dello scontro con vescovo Hučko, è dovuto andarsene dalla Boemia ed è finito in Ucraina, dove l´hanno definitivamente escluso dall'ordine. Successivamente ha fondato una chiesa propria – La chiesa ortodossa greco-cattolica d’Ucraina. Naturalmente, con quest’azione scatenò un conflitto con arcivescovo locale, cardinale Husar, il quale è per sempre diventato il bersaglio della ira di don Eliáš. Questa stessa ira è ancora oggi presente nelle lettere “scritte” dai giovani preti scomunicati.

Don Eliáš a volte suscita nei media un impressione di martire perseguitato per sue opinioni. Come se fosse la vittima della Chiesa oscurantista che non vuole dialogare. Qua si trova il punto centrale del dibattito. Don Eliáš è tutto altro che progressivo. Il suo problema è proprio l´opposto. Mette in dubbio il dialogo della Chiesa con altre religioni, condanna gli incontri interconfessionali di Assisi, propone la scomunica post-mortale di Giovanni Paolo II, protesta contro i viaggi esteri di Benedetto XVI. Le novità nella Chiesa le marca con nomi tipo “infezione”, “avvelenamento”, “AIDS spirituale” etc. Duramente si oppone contro la musica rock, gli sport e danze orientali. Nonostante il fatto che predica tante cose per le quali – in ciascun altro caso – diventerebbe preda burrosa dei media, grazie alle sue critiche della Chiesa cattolica riesce a suscitare una certa compassione. All'inizio predicava la riforma e si paragonava con san Francesco o santa Caterina, che avevano invitato la Chiesa al cambiamento. Nel marzo 2008, però, gli sono finite le maniere dei santi. Sotto circostanze non chiare e senza il consenso del Vaticano, don Eliáš (secondo le sue parole) si lasciò ordinare vescovo insieme a tre altri amici. Con questo passo sono tutti automaticamente calati nella scomunica dalla Chiesa cattolica. Hanno, però, “risolto” questo problema in modo altrettanto particolare. Dall'Ucraina hanno cominciato a sfidare tutto il mondo a professare un nuovo credo scritto da loro. Altrimenti saranno tutti scomunicati. L´unica persona con cui sono disposti a parlare – è il Santo Padre.

Sono già riusciti a “buttare” via i vescovi tedeschi, indiani, irlandesi, cechi, polacchi, slovacchi, poi pure i religiosi, poi i professori della teologia, poi coloro cha lavorano negli uffici vaticani, etc. Dall'estate 2009 stanno scrivendo le ultimate e scomunicano centinaia e centinaia di rappresentati ecclesiali. A qualcuno di voi tutto questo sembra un teatro assurdo e arrogante? Non posso contraddirvi… Sfortunatamente, Eliáš Dohnal ha secondo me spinto a questa follia pure i nostri sacerdoti novelli, i quali erano stati una volta ispirati da lui per il cammino di fede. Il contatto con loro, che probabilmente si era indebolito dopo la sua partenza per Ucraina nel 2003, si è solidamente ripreso negli ultimi mesi, anche se loro lo negano. Il collegamento può essere dimostrato non solo con la prossimità e somiglianza delle loro pagine internet, ma anche con tutta la filosofia e direzione del modo di procedere. Copiando don Dohnal, i quattro ragazzi si sono esclusi dalla Chiesa la quale lui abbandonò già tanto tempo fa. Gli arcivescovi Zvolenský e Bezák con la pubblicazione della scomunica hanno causato una burrasca mediatica. Alcuni dicono che abbiano potuto farlo più soavemente. Penso, però, che con questa pubblicazione hanno dato un segnale chiaro a Dohnal e suoi soci. Mandando le ultimate e lettere di scomunica ucraine in tutte le parti del nostro paese, anziché dedicando tempo al lavoro sacerdotale, i novelli hanno fatto un passo perbene storto. Se riescono, però, a tornare alla sincerità, della quale i loro vescovi erano sicuramente convinti nel momento dell’ordinazione sacerdotale, hanno certamente la possibilità di cambiare le cose.

pondelok 11. januára 2010

Giù le baracche a Rosarno.



I politici, sociologi ed economi sono d´accordo in una cosa: il futuro dell'Europa dal punto di vista della popolazione avrà tre possibili scenari. Il primo sarebbe quello dell’integrazione pacifica: immigrati che inondano il vecchio continente ne faranno tranquillamente una parte integrale. Questo, purtroppo, alla maggioranza degli estimatori sembra poco probabile. Il secondo scenario potrebbe portare al dominio degli immigrati in Europa: siccome questi superano molteplicemente gli autoctoni per quanto riguarda la fertilità, fra alcuni decenni li oltrepasseranno in numero e s’impossesseranno del potere governativo, facendo sparire Europa come la conoscevamo prima. La terza possibilità sarebbe quella dell'espulsione forzata degli immigrati come conseguenza dei conflitti e tensioni. Gli europei penetrati da paure e preoccupazioni adopereranno la forza, finché ancora ci riescano.

Le due ultime alternative sono certamente poco desiderabili. Ambedue significherebbero duri contrasti fra la popolazione contemporanea e gli afflussi degli avventori. Lo scenario più plausibile per tutti sarebbe il primo – l’integrazione pacifica. Angelo Scola, cardinale patriarca di Venezia sostiene che il flusso continuo degli immigrati nell'Europa ha iniziato un processo di congiunzione: meticcio al livello etnico, culturale, personale e nazionale. Questo processo va avanti da solo – se ci piace o meno. Bisogna, però, gestirlo attentamente per arrivare ad un’integrazione calma e piena degli immigrati. Come si fa? La prima condizione del meticcio culturale fra gli europei e gli avventori è l´accoglienza. Al prossimo posto si aggiunge tolleranza, rispetto per le regole, tradizioni e leggi. Segue mantenimento della propria identità, rispetto per la libertà e per i diritti fondamentali di coloro che sono diversi.

Questi giorni, purtroppo, in Italia sembra di effettuarsi in anticipo il terzo degli scenari elencati. La Calabria n’è una triste testimone. Gli operai – soprattutto dai paesi africani – che erano forzati di vivere in condizioni disumane, si sono rivolti. La bomba all'orologio a Rosarno è esplosa. Non è che la gente si sorprende. Una cosa simile, dicono molti, si poteva aspettare. Era solo una questione di tempo. C´è paura che Rosarno non rimarrà l´unico esempio. La risposta? In tanti casi sembra l´espulsione. Come mai si è arrivati a questo punto? Mi chiedo dove sono stati la società civile e tutti che vivono in questa regione... La situazione si peggiorava da dieci anni. La BBC ne aveva filmato un documento sconvolgente. I medici senza frontiere hanno denunciato le condizioni di grave disagio. Come mai nessuno ha deciso a cercare una soluzione? Con centinaia di immigrati viventi come animali… Senza bagni, senza riscaldamento, senza elettricità, senza niente. A nessuno è venuto in mente che si dovrebbe costruire loro qualche dimora dimessa?

Non è vero che questi poveri braccianti facevano lavori sui campi, che la raccolta degli agrumi difficilmente si sarebbe potuta fare senza di loro? Non è vero che erano sfruttati? Pagati al massimo 20 euro al giorno? Adesso ci meravigliamo che alla fine si sono arrabbiati, che hanno perso i nervi per una stupidaggine dei ragazzi? Non possiamo giustificare né accettare la loro violenza. Ma se desideriamo un´integrazione pacifica di coloro che vengono a riempire la lacuna numerosa formata nella popolazione europea, per forza li dobbiamo trattare come persone umane – come del resto ha sottolineato il vescovo di Roma, durante la preghiera dell'Angelus questa domenica. Parliamo dell'integrazione, discorriamo dell'accoglienza, del meticcio, della libertà, dei diritti, del rispetto… Ma dove siamo stati noi, che predichiamo queste cose? Dove sono stati i nostri fratelli cristiani? Il caso degli operatori in Calabria è un robusto impulso per fare qualche esame di coscienza.

piatok 1. januára 2010

Il volto di una persona.

Conoscete questa faccia? Magari l´avete già vista, ma non vi viene in mente dove… Io la conosco molto bene. Questo volto impaurito, con profondissimi occhi verdi, era esposto sulla parete dello studio che apparteneva alla nostra rivista universitaria – fra le foto che piacevano di più al nostro grafico. Sapevo che si trattava di una bimba afgana, fotografata nel campo di rifugio in Pakistan, messa sulla copertura di National Geographic nel 1985. La foto è diventata famosissima nel mondo occidentale: era quasi un simbolo della nazione afgana, provata in modo durissimo dai conflitti e guerre.

17 anni più tardi, Steve McCurry, l´autore della fotografia, è andato a cercare la ragazza, perché moltissimi volevano sapere che fine aveva fatto. Dopo tanti insuccessi, McCurry è riuscito a trovarla, raccontando la sua storia. Si chiamava Sharbat Gula, era sposata ed aveva tre figli. Vivendo sotto la legge di sharia, non era stata fotografata dal tempo della fuga in Pakistan, causata dall’invasione dei Russi. McCurry poteva farla la seconda fotografia in tutta la vita. La supposizione del reporter l´ha confermato anche la FBI, certificando con una tecnologia speciale che si trattava della stessa persona. Il mondo era commosso. Tanti affermarono che questo era un vero miracolo.

Nel frattempo sono passati altri sette anni. Molte cose sono state cambiate in Afganistan e pure in Pakistan. Ma la guerra non é finita. Chissà, dove si trova Sharbat adesso, cosa è successo coi suoi bimbi. La sua faccia mi è venuta in mente proprio oggi, il primo giorno del Nuovo Anno, quando ho letto sui giornali della strage in Pakistan, che costò vita a più di 70 persone, molte di loro bambini. Non hanno avuto la stessa fortuna di Sharbat. Sono stati uccisi proprio alla giornata mondiale di pace…

Stamattina il Santo Padre ha detto che la pace “incomincia da uno sguardo rispettoso, che riconosce nel volto dell’altro una persona, qualunque sia il colore della sua pelle, la sua nazionalità, la sua lingua, la sua religione… Fin da piccoli, è importante essere educati al rispetto dell’altro, anche quando è differente da noi.” Vorrei molto che quelli che progettano la violenza ascoltassero queste parole e guardassero negli occhi della bimba sulla fotografia. Essendo così belli e meravigliosi, la rivista non risparmiava alcuna fatica per ritrovarli… Pensate, però, che erano meno belli gli occhi dei bambini che si sono chiusi per sempre questa mattina a quel torneo di pallavolo pakistano?