streda 25. novembra 2009

Quando i medici uccidono


SME, un giornale d´opinione del mio paese, ha recentemente pubblicato l´articolo di professor Peter Singer, che insegna la bioetica alla Princeton university. L´articolo intitolato „Quando i medici uccidono“ critica fortemente alcune dottrine della Chiesa cattolica, affermando che sono più pericolose dell’eutanasia. L´argomentazione di Singer, però, si basa su presupposti sbagliati.

Singer cerca di mostrare, che l´argomento del versante scivoloso, usato spesso dai cattolici contro l´eutanasia volontaria, vale più contro la dottrina cattolica che contro l´eutanasia. Nel contesto dell'eutanasia, l´espressione versante scivoloso vuol dire, che approvazione dell'eutanasia volontaria potrebbe pervertirsi nelle uccisioni incontrollate dei pazienti. Singer, però, argomenta che queste preoccupazioni sono infondate: secondo lui uno dovrebbe essere più preoccupato per le conseguenze della dottrina cattolica, che portano ad un versante molto più pericoloso.

Singer documenta quest’affermazione sull'enunciato del papa Pio XII, il quale nell'anno 1957, rispondendo alla domanda d’alcuni medici, aveva abbonito l´uso dei narcotici che attenuano il dolore e la consapevolezza dei malati, ma allo stesso tempo accorciano la loro vita. Suo atteggiamento era confermato dalla Congregazione per la dottrina della fede nella Dichiarazione sull'eutanasia pubblicata nel 1980. Singer dice, che né Pio XII, né la congregazione accentuano abbastanza l´importanza del consenso volontario ed informato da parte degli ammalati prima dell'accorciamento della loro vita. I medici poi nel senso di questa dottrina possono facilmente abituarsi all'usanza dei mezzi palliativi senza chiedere il parere dei pazienti: questa abitudine può in una situazione d´emergenza pervertirsi nell'uccisione degli ammalati senza il loro consenso. La dottrina cattolica in questo senso come se pavimentasse la strada per le uccisioni intenzionali, pertanto contro la volontà dei pazienti.

Sull'esempio di un´ospedale statunitense colpito nell'agosto 2005 dall’uragano Catrina, Singer accenna come la dottrina cattolica può portare i medici allo slittamento: a New Orleans, Ewing Cook, uno dei medici dell'ospedale alluvionato “senza premeditazione” ordinò l´amministrazione di una quantità elevata di narcotici ai pazienti, i quali secondo il suo parere sotto le circostanze non erano in grado di sopravvivere l´evacuazione. Alcuni ammalati, che esplicitamente non volevano morire, hanno così perso la vita. Singer accenna, che uno slittamento simile può capitare al medico, che si dirige con la dottrina cattolica: abituato a non chiedere l´approvazione dell'ammalato prima di accorciare la sua vita con l´uso delle sostanze palliative, in una situazione di stress e dell'emergenza, il medico amministra una dose elevata dei narcotici ed uccide il paziente.

L´argomentazione di Singer, però, si fonda sui presupposti sbagliati. Sia il Papa Pio XII, sia la Congregazione per la dottrina della fede esigono l´approvazione dell'ammalato prima dell'amministrazione dei narcotici. Pio XII, nella sua risposta di 24. febbraio 1957, dice che i narcotici possono essere amministrati solo se non esiste nessun altro mezzo e se nelle circostanze i narcotici non impediscono all'ammalato l´adempimento dei suoi obblighi religiosi e morali. Poi continua dicendo che se il paziente rifiuta di adempire questi suoi obblighi, ma insiste sulla narcotizzazione lo stesso, il medico può procedere. Più avanti il Papa sottolinea, che naturalmente sarebbe “inaccettabile narcotizzare un paziente contro la sua volontà”. Il paziente allora non solo deve acconsentire l´amministrazione dei narcotici: il medico cristiano gli deve ricordare i suoi obblighi religiosi e morali.

Per quanto riguarda la Congregazione per la dottrina della fede, questa, nella Dichiarazione sull'eutanasia, ripete e chiarifica la risposta di Pio XII, accentuando pure, che l’eventuale morte del paziente in questi casi non è per niente desiderata né voluta – anche se con questo rischio bisogna contare e rendersene conto. L´inevitabile esigenza del consenso di paziente è sottolineata nelle affermazioni della stessa congregazione anche più avanti, quando parla dell'uso di mezzi e delle tecniche nella fase di sviluppo, la cui applicazione contiene rischi più elevati. L´approvazione del malato è necessario anche per l´interruzione della cura, se la sua applicazione sembra di non avere alcun effetto positivo. Sempre bisogna “tenere conto della volontà del paziente e della sua famiglia.”

In questo senso, l´affermazione di Singer, che i pensatori cattolici dovrebbero analizzare le conseguenze della propria dottrina, risulta infondata, anzi, ridicola. Singer farebbe meglio se studiasse prima la dottrina cattolica. Sua ignoranza, frasi tagliate dal contesto e presentazione delle menzogne come argomenti principali, di nuovo contraddicono e danneggiano la fama dei professori di Princeton.

nedeľa 15. novembra 2009

A chi piace seminare il vento?


L’arcidiocesi della capitale Usa ha ricattato il consiglio comunale: se riconoscerà il valore legale delle nozze tra gay, la Chiesa interromperà i servizi in favore di migliaia di poveri che aiuta ogni giorno. Leggendo questa breve notizia, mi sono stupito. Come mai una diocesi usa i metodi dei gangster? Chi è che non si rende conto, che questo è un modo di fare assolutamente sbagliato?!

Non è chiaro che, se si minaccia, si perde (giustamente) tutto il credito morale difficilmente acquistato?! E se si minaccia che si toglieranno i servizi in favore dei poveri, a chi si minaccia in primo posto? Non sarebbe meglio lasciare il consiglio comunale a riconoscere il valore legale delle nozze gay, facendo chiaramente sapere, che la Chiesa non è d´accordo, e basta? La Chiesa, poi, é tenuta a litigare e ricattare i comuni oppure ad assistere i deboli?

Volevo verificare la notizia quanto prima; a casa mi sono subito messo al computer. The Washington Post ha confermato la mia preoccupazione: “Catholic Church gives D.C. ultimatum” – ho letto nel titolo dell’articolo. Mary Cheh, membro del concilio comunale di Washington, ha posto domande, che assomigliavano a quelle, che mi ponevo io: “Davvero vogliono ferire le persone, solo perché non sono d´accordo … su questa tematica?” Poi ha concluso: “Spero, che con le luci del giorno, quando questo passa … non continueranno a seguire questa minaccia.” A me, come probabilmente a tanti altri lettori, questo sembrava una giusta condanna dell’atteggiamento miope della Chiesa di Washington.

Con le luci del giorno, però, si è reso noto, che una minaccia non c´era mai stata. In un´intervista con Patrick J. Deneen, professore della Georgetown university, pubblicata alcune ore più tardi, è uscito fuori, che le cose erano interpretate male. In realtà, non era la Chiesa, che intendeva a smettere con i servizi sociali. Era il concilio comunale, che stava per approvare una legge, secondo la quale la Chiesa diventerebbe inadatta per rendere i servizi sociali per i poveri nella collaborazione con il comune.

Il governo del Distretto di Columbia smette a contrattare la Chiesa, se questa non si adatta alla sua definizione del matrimonio (la quale, però, non è conforme alle tradizioni della fede cattolica). “La città dice, che quelli, che vogliono esercitare servizi sociali, devono essere secolari. Per noi, questo è problema” ha detto la portavoce dell’arcidiocesi di Washington. Allora la Chiesa vorrebbe continuare con il servizio, ma non potrà più farlo per il comune.

Leggendo avanti, sono venuto a sapere, che la nuova legislazione costringe la Chiesa a smettere di partecipare alle adozioni: siccome non condivide l´opinione, che i gay sanno crescere i bambini parimenti alle coppie marito-moglie, sta discriminando. Allora fuori. Sembra che parecchi mezzi finanziari della Chiesa dovranno essere utilizzati per difendere la propria identità davanti ai tribunali, anziché per i poveri. Perché? Se i fedeli oppure le comunità ecclesiali decideranno di non rendere gli stessi servizi e possibilità ai gay, che agli eterosessuali, dovranno fronteggiare accuse davanti alle corti.

Per darne qualche esempio: se siete una società fotografica e negate ai gay il vostro servizio per le nozze, state discriminando. Vi possono denunciare. Se siete una comunità ecclesiale, che noleggia un palazzo per gli eventi culturali, ma non lasciate entrare un’esposizione gay, state discriminando. Di nuovo, puó seguire una denuncia. Unica eccezione: potete rifiutare a concedere il vostro edificio per la celebrazione del matrimonio gay. Nient’altro.

In ogni caso, non è vero, che la Chiesa stava minacciando a qualcuno… É successo proprio l´opposto: senza un’eccezione legale più ampia, che consentirà alla Chiesa a rimanere fedele alla propria definizione del matrimonio, la Chiesa non sarà più adeguata di essere contrattata dalla città ed autorizzata a rendere i servizi sociali. Questo era il vero senso della notizia. Nessuna minaccia. Solo la constatazione dei cambiamenti, che se ne fregano dell’identità di un collaboratore al campo sociale.

Ho dovuto investire tre ore di tempo per arrivare alla verità nascosta dietro le calunnie. Chi altro è andato a farlo? Probabilmente nessuno: il tempo dei lettori è limitato. Ma pressappoco ciascuno è rimasto con l´immagine di una Chiesa ipocrita, che usa le pratiche mafiose. Chi era interessato ad imprimere questa impressione? A qualcuno piace seminare i venti…

utorok 10. novembra 2009

Grazie ai demolitori


La caduta del muro di Berlino ha cambiato la mia vita. A quel tempo avevo 11 anni e vivevo in un paese che apparteneva al bloc sovietico – con tutte le dovute conseguenze. Alla scuola obbligatoriamente imparavo il russo; invece di dire “buon giorno”, dovevo salutare “onore al lavoro, compagna maestra”; invece di andare in chiesa, facevo parte dell'unione dei pionieri. Sono stato battezzato nascostamente in una piccola parrocchia fuori città, la prima comunione l´ha dovuto fare in un´altra parrocchia, dove mio papa mi portava per il catechismo ogni settimana. Non erano troppo coraggiosi, i miei: sapevano bene, che per farmi seguire le lezioni di religione alla città, potevano perdere la posizione al lavoro; a me, invece, sarebbe stato vietato lo studio all'università. Allora tutto si faceva segretamente. Il regime comunista aveva i suoi occhi ovunque.

Fra le conseguenze dell'oppressione sovietica, però, non c´era solo la perdita della libertà religiosa e quella d´espressione. Sistema economico controllato completamente dallo stato aveva causato un forte sottosviluppo: a fronte dei paesi europei con il mercato libero, eravamo rimasti parecchi passi indietro. Questo si sentiva in ciascuna sfera. Non c´erano imprenditori, mancava la concorrenza. Lo stato teneva tutto nelle mani. Poi, ad esempio, per comprare una macchina, uno doveva aspettare otto anni… Le cose di una migliore qualità non arrivavano mai ai negozi o si mettevano sotto il banco per essere vendute solo ai migliori amici. Il regime, però, ci mentiva che eravamo noi i paesi più avanzati d´Europa. Per non farci scoprire la verità, non si poteva viaggiare all'estero.

Mi ricordo che un´anno prima della caduta del muro, la mamma voleva portarci a casa per il Natale qualcosa speciale. Ha deciso di comprare un´ananas. Dopo di aver fatto una coda da cinque ore in un gran negozio alla città provinciale, ha portato un grosso ananas (ciascuno poteva comprarne al massimo uno) e l´ha messo in un cestino accanto all'albero di Natale. Mi sentivo come in paradiso. Non vedevo ora di poter assaggiarlo – ma ero tenuto ad aspettare: era troppo prezioso (costava un patrimonio), allora si doveva mangiare solo dopo una mostra privata a tutta la famiglia. Questa durava più di una settimana. Alla fine, quando lo volevamo tagliare, si scoprì, che era completamente marcito. Oggi ricordo con sorriso la mia delusione, ma quel giorno mi sentivo proprio tradito. Ciò che non capivo allorché era il fatto, che più di quell’ananas, era marcito il sistema politico. Per questo voglio ringraziare a quelli, che avevano il coraggio di dirlo ad alta voce e non temevano a mettere le loro mani contro i panelli di un muro, che ci separava dalla libertà.

piatok 6. novembra 2009

Togliamo le croci


Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia ha finalmente vinto la sua causa. I giudici del Strasburgo le hanno dato ragione: la croce deve essere tolta dalle aule scolastiche italiane, per non dare più fastidio ai ragazzi, che la dovevano guardare finora sui muri. Auguri. Finalmente siamo riusciti a fare un passo avanti verso la vera laicità europea. Non è brava questa signora Albertin?! Non sono bravi anche i giudici della corte di Strasburgo?! Magari potremmo chiedere a Signora Albertin un´altro favore – non solo per noi, ma per tutta l´Europa, che ha l’innegabile esigenza di essere salvata dall'affermazione infondata (anzi, pericolosa) delle sue radici cristiane. Il prossimo passo della signora Albertin, a mio avviso, potrebbe essere il ricorso alla corte di Strasburgo per togliere la croce dalla bandiera Finlandese.

Perché? Allora, per non dare fastidio ai figli, che potrebbero un giorno andare a visitare il paese d´origine della loro madre. Ci siamo? Se non ci possono essere crocifissi nelle aule italiane, come mai ci può esserne uno proprio sulla bandiera d’un´altro stato Europeo? Capite, secolarismo è un valore condiviso da tutti i membri dell'Unione… Allora, non ci fermiamo ai crocifissi nelle aule! “La presenza del crocefisso,” si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo, “…potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso.” E questo,” proseguono, “potrebbe essere … fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei.”

Ma certo. Poi, perché non andare oltre? Togliamo le croci anche dalle bandiere. E non solo di quella finlandese. Lo stesso simbolo si trova alla bandiera di Danimarca, Grecia, Slovacchia, Svezia, Gran Bretagna, Svizzera, Norvegia, Islanda … Come mai? Non lo vedono gli stati europei democratici, che lo potrebbe dare fastidio ai ragazzi? Con quale diritto uno stato laico, dove tutti i credenti e gli atei devono pagare le tasse ugualmente, mette un simbolo cristiano sulla propria bandiera? Toglietelo!!!

Poi, se a caso non riusciamo a togliere la croce dalla bandiera Svizzera (il paese elvetico non è membro dell'Unione Europea) perché non toglierla almeno dal suo rovescio – dal simbolo che si vede su tutte le nostre ambulanze – la croce rossa? Ecco: anche questa croce potrebbe essere facilmente interpreta come… (sapete come va avanti). Vi sembra assurdo? Beh, è perfettamente in coerenza con la sentenza della corte di Strasburgo! Cosa fate, se i vostri ragazzi un giorno vi chiedono, se questa croce rossa a caso non ha qualcosa a che vedere con i simboli cristiani fastidiosi? Se non glielo dite, non li potete impedire di cercare sull'internet, dove troveranno l´informazione, che il simbolo di quest’organizzazione è stato inventato da uno dei suoi fondatori, Jean Henri Dunant, calvinista devoto, co-fondatore anche del braccio svizzero di YMCA (Associazione Giovanile Maschile Cristiana)… In linea massima, non è un simbolo “puro”. Poi, non lo può essere neanche il nome della organizzazione: Croce rossa! Se gli atei pagano l´assicurazione sanitaria, perché quest’organizzazione li deve dar fastidio con questo nome, ogni volta che sono tenuti a visitarla? Perché non Martello rosso o Falce rossa? Oh, no, scusate, potrebbe essere facilmente interpretato come… Allora mettiamo Siringa rossa, per non dare fastidio a nessuno (tranne i bambini, magari).

E se così ci siamo trasferiti dall'ambito dei simboli all'ambito della lingua, proseguiamo anche qua un pochino. Se la “Croce rossa” in qualche senso potrebbe essere interpretata come… (sapete come va avanti) allora perché si dice “753 prima di Cristo”? Perché si dice “Anno Domini” 1870? Le lezioni della storia, che sono frequentate dai nostri ragazzi, come mai devono darli questo fastidio – usando nomi e termini religiosi? Di nuovo a qualcuno di voi le mie domande cominciano a sembrare assurde?

Macché! In mio paese era già una volta proibito a dirlo così! Quando io frequentavo la scuola elementare negli anni ottanta, gli insegnanti sottoposti alle regole del governo ateo ci dicevano, ad esempio, che Giulio Cesare era morto nell'anno 44 “prima della nostra cronologia”, ed il Napoleone perse la battaglia di Waterloo nell'anno 1815 “della nostra cronologia”. Così noi, bambini felici, eravamo risparmiati dal “fastidio” di dover sentire il nome di Cristo oppure il termine “Anno Domini” nelle aule scolastiche. L´insegnante ce lo spiegava proprio in questo modo, quando la chiedevamo, perché si doveva dire così. Se poi un´amico chiese come mai i Russi chiamano la domenica “Voskresenie” (il ché significa “Risurrezione”), era mandato fuori classe per essere stato impertinente…

Sto riflettendo, come andranno avanti le sentenze della Corte Europea… Fra due generazioni i bambini forse ci chiederanno perché una volta si diceva “Natale” o “Pasqua”, oppure che cosa significava nel passato il giorno del Patrono... Se la corte non ce lo bandisce e se non ce lo darà troppo fastidio, glielo spiegheremo?

Sapete, io non mi sorprendo davanti a queste cose. Noi le conoscevamo da bambini sotto l´impero sovietico. Nelle nostre aule scolastiche oggi non ci sono i crocifissi. Gli ateisti non aspettavano alcuna discussione pubblica quando li toglievano. Li hanno tolti e basta. Nello stesso modo come ci hanno tolto la libertà d´espressione, i nostri ordini religiosi, la possibilità di studiare a coloro che frequentavano la chiesa e così via… Non ci chiedevano il nostro parere, quando imprigionavano le suore e torturavano i preti. Perciò, permettetemi, io nell’ateismo o laicismo tollerante, ci credo poco.

Adesso vedo come va avanti la storia e sono felice do poter osservarla in un paese libero, che non ha dovuto subire quello, che dovevamo subire noi. Mi dispiace, però, che in un modo simile, il Strasburgo non chiede il parere degli italiani, quando pronuncia una sentenza “progressiva”– nel nome della “tolleranza” religiosa. Il mio paese si è liberato dall’oppressione ateistica venti anni fa. Purtroppo, nessuno si è più ricordato (oppure avventurato) di rimettere i crocifissi. Allora, ce ne possiamo fregare di questa decisione della Corte Europea. Ma pensate, che ora per questo ci sentiamo fieri?

streda 4. novembra 2009

Il ritorno degli anglicani cambia le regole del celibato?


I preti ed i fedeli anglicani possono rinnovare l´unità con la Chiesa Cattolica. Questo, però, non significa alcun cambiamento riguardo al celibato del clero cattolico.

L´annuncio della pubblicazione di costituzione apostolica, che dovrebbe descrivere le condizioni del possibile ritorno degli anglicani nella piena comunione con la Chiesa Cattolica, ha scatenato varie polemiche. Una di loro, secondo i media, è il potenziale ravvivamento del conflitto intorno al celibato dei preti cattolici. I giornalisti che scrivono della problematica affermano, che i preti cattolici probabilmente saranno scontenti: mentre loro non possono concludere il matrimonio, i preti anglicani avranno questa possibilità dentro la stessa chiesa. Il ritorno degli anglicani nella Chiesa Cattolica, però, non cambia le regole del celibato. Al contrario. Gli anglicani nel futuro dovranno rinunciare alla tradizione del clero sposato.

La Chiesa Anglicana si è separata dal cattolicesimo nel sedicesimo secolo, dopo i conflitti tra il re d´Inghilterra Enrico VIII e la Santa Sede: gli era negata la possibilità di cancellare il suo secondo matrimonio – quello con Anna Boleyn. Il 20 ottobre 2009 si sono contemporaneamente attuate due conferenze stampa: una nel Vaticano ed un´altra a Londra. É stata annunciata la prossima pubblicazione della costituzione apostolica, che faciliterà il ritorno degli Anglicani nella piena comunione con la Chiesa Cattolica. Il papa Benedetto XVI, dopo le negoziazioni con i lefevriani, ha fatto così un´altro passo nella sua aspirazione di unire il cristianesimo diviso.

L´arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, che presiede più di 77 milioni fedeli appartenenti alla Chiesa Anglicana, ha parlato al fianco di Vincent Nichols, l'arcivescovo di Westminster, facendo sapere al mondo, che la Chiesa Cattolica è pronta a ricevere i fedeli anglicani, che avevano richiesto la piena comunione. Questa volta, però, non si tratterà di casi individuali, ma di un’azione ampia. L´arcivescovo Williams ha dichiarato, che non percepisce la pubblicazione come un´aggressione, adescamento oppure arruolamento dei fedeli, né come un´espressione di sfiducia: la pubblicazione secondo lui non avrà alcun impatto negativo sui rapporti fra la chiesa Anglicana e Cattolica.

Un noto esempio della conversione recente è stato l´ex-premier britannico Tony Blair, che è diventato cattolico nel 2007. La costituzione apostolica adesso dovrebbe consentire ad un numero più grande dei fedeli, che hanno espresso il loro interesse di entrare in piena comunione con Chiesa Cattolica, di convertirsi al cattolicesimo. Questo si realizzerà attraverso la forma di un nuovo ordinariato, il quale si riferirà piuttosto alle persone, anziché al territorio – nella maniera d’ordinariati militari ovvero al modo della prelatura Opus Dei. Il ché, naturalmente, non significa ritorno al cattolicesimo di tutta la Chiesa Anglicana. Secondo le stime, in prima fase si tratterà anzitutto dei fedeli appartenenti alla cosiddetta Traditional Anglican Community, la quale si era staccata dall’anglicanesimo nel 1991 ed adesso dichiara d’avere 500 mila aderenti in tutto il mondo. Insieme con loro si aspetta un “passaggio” di centinaia di preti anglicani eppure di una trentina o cinquantina di vescovi.

In fondo delle negoziazioni riguardo al possibile ritorno degli anglicani nella comunione con la Chiesa Cattolica, molto probabilmente ci sono alcuni conflitti dentro la Chiesa Anglicana ed Episcopale (sua propaggine statunitense), che negli ultimi anni turbano la fragile unità degli anglicani: le chiese anglicane si sono frazionate per la questione dell'ordinazione delle donne (adottata 13 anni fa), dei vescovi apertamente omosessuali (il noto caso Robinson nell'anno 2007 in New Hampsihre, USA), per la benedizione delle coppie omosessuali, nonché per la prospettiva dell'ordinazione episcopale delle donne, la quale è richiesta dall'ala liberale anglicana già da lungo tempo.

I gruppi conservativi – come ad esempio la sopramenzionata Traditional Anglican Community – hanno accettato alcune delle ultime novità con dispiacere, ovvero si sono direttamente ribellati contro. Siccome, però, i correnti liberali nella Chiesa Anglicana hanno attualmente una posizione più forte, i conservatori si sono trovati in minoranza e non riescono più impedire la trasformazione della chiesa in una direzione da loro involuta – nella direzione che secondo loro contraddice le tradizioni bibliche. La cosiddetta Lambeth Conference, assemblea ecclesiastica ufficiale degli anglicani, doveva ultimamente affrontare una pressione potentissima da ambedue lati. Alla fine, però, è rimasto chiaro, che i conservatori tirano la fine della fune più corta. Rowan Williams, che cercava ad ogni costo di non offendere ossia perdere nessuno, si è trovato in una situazione pressoché irresolubile.

La decisione dei tradizionalisti di cercare una casa nuova nel grembo della Chiesa Cattolica significa per Williams, che dovrà perdere una parte della sua comunità ecclesiastica; allo stesso tempo, però, glielo aiuterà a risolvere un problema, che diventava troppo complicato. Alcuni pensano, che proprio per questo Williams ha deciso di non opporsi troppo alla dichiarazione della Santa Sede riguardo alla pubblicazione della nuova costituzione. Per qualche tempo, Williams si é così esposto alla spietata critica dei media britannici, i quali l´hanno presentato come un burattino e la pubblicazione della costituzione senza alcuna consultazione con lui come un´umiliazione. Alla fine, però, glielo permette, almeno temporaneamente, di mantenere l´unità della parte più grande della sua chiesa, che si sta chiaramente spostando verso atteggiamenti più liberali.

I giornalisti, però, non sono rimasti solo alla critica del comportamento poco audace di Williams. Come la novità più grande in tutta la causa hanno qualificato il fatto, che la Chiesa Cattolica accetterà nelle proprie file i preti sposati, e cambierà così una lunghissima tradizione che esigeva il celibato dei preti cattolici. Questa “trascrizione del codice” secondo i giornalisti britannici potrebbe scatenare ira fra i sacerdoti cattolici, perché a loro non é concesso sposarsi. Si aspetta allora una possibile riapertura del dibattito riguardo al celibato dei preti nella Chiesa Cattolica.

In realtà, non ci sarà alcuna “trascrizione del codice”. All'opposto: gli anglicani, che vogliono tornare alla Chiesa Cattolica, dovranno nel futuro rinunciare alla tradizione dei preti sposati. Il fatto, che ai preti anglicani sposati, che vogliono ricevere l´ordinazione cattolica, può essere – caso per caso – concessa l´eccezione (dispensa) dalla regola di osservare il celibato, non significa, che nel futuro i preti anglicani potranno sposarsi. L´eccezione riguarda solo i preti d´oggi – e ciascun caso sarà considerato individualmente.

Per capire bene il problema, bisogna far ricordare, che nemmeno la Chiesa Cattolica ordina esclusivamente preti celibi. Il precetto di celibato obbliga i sacerdoti del cosiddetto rito latino, ossia occidentale, sottoposti al Codice del diritto canonico (CIC) promulgato nel 1983. La Chiesa Cattolica, però, include anche altri riti diversi, benché quello più conosciuto e grande è il rito occidentale. I suoi riti orientali sono minori per quanto riguarda i numeri, ma in nessun caso inferiori per quanto riguarda il valore: sono nella piena comunione con la Chiesa Cattolica e hanno il proprio Codice del diritto orientale (CCOE) promulgato nel 1991. Il rito antiochino, bizantino ed alessandrino raggruppano più di venti riti minori, che si reggono con proprio diritto: parecchi di loro consentono ai sacerdoti a sposarsi. Un esempio noto di quest’alternativa sono i preti greco-cattolici, che si curano di numerosi gruppi di fedeli nel mio paese (Slovacchia). Loro si possono sposare prima dell'ordinazione sacerdotale. Il celibato obbliga solo i vescovi.

Presupporre allora, che i preti cattolici si lamenteranno per la disuguaglianza davanti alla legge oppure per l´ingiustizia riguardo alla accettazione del clero anglicano sposato, significa fra altro dimenticare, che i sacerdoti sposati non sono una novità nella Chiesa Cattolica: ci sono da secoli i preti dei riti orientali, che non sono inferiori in alcun senso, anche se il loro numero è minore. Ciascun prete cattolico del rito latino lo sa bene. Lo sa bene pure, che ha accettato l´obbligazioni del rito occidentale, il cui diritto nel canone 277 del CIC richiede l´osservanza del celibato. Se i media parlano del problema di celibato, allora più notabile in questo contesto potrebbe essere il fatto, che i preti anglicani saranno obbligati dal codice latino (CIC), allora pure dal canone 277.

Gli anglicani quindi non saranno sottoposti al codice cattolico orientale, ma a quell’occidentale. Questo significa, che la tradizione anglicana nel nuovo contesto della Chiesa Cattolica perde i preti sposati. Per il momento, i seminaristi, preti e vescovi anglicani sposati (caso per caso) otterranno dal Vaticano l´eccezione (dispensa dal celibato) per poter ricevere l´ordinazione sacerdotale. La cosa, però, finisce qua. Le generazioni future dei loro preti avranno lo stesso obbligo del celibato come tutti i preti del rito latino della Chiesa cattolica. Anzi, il passaggio dei preti anglicani alla Chiesa cattolica sarà in certo senso limitato: i vescovi anglicani sposati possono ricevere la dispensa dal celibato per l´ordinazione sacerdotale, ma non per quell’episcopale. La Chiesa cattolica – né rito latino, né rito orientalo – riconosce i vescovi sposati.

Per quanto riguarda la “novità” circa la dispensa dal celibato conferita ai preti sposati, che si convertono al rito latino: la prima volta una dispensa di questo tipo era stata concessa dal Pio XII nel 1951 ad un pastore luterano, che chiedeva il “passaggio” alla Chiesa cattolica. Negli anni novanta del secolo scorso una dispensa simile era data ad alcuni di 200 preti anglicani, che si sono trasferiti nella comunione con la Chiesa Cattolica durante il pontificato di Giovanni Paolo II. In linea massima, non è “niente di nuovo sotto il sole”. La novità potrebbe essere piuttosto il fatto, che i pastori anglicani in una prospettiva più lunga, non saranno preti sposati, ma esclusivamente ministri celibi. Nella nota esplicativa della Sala Stampa del Vaticano si dice, che per i futuri (non gli odierni) seminaristi del rito anglicano rimarrà solo una possibilità ipotetica di essere dispensati – in casi individuali – dal celibato. Una possibilità uguale, però, ipoteticamente esiste anche per il rito latino: il Papa, naturalmente, può concedere questa dispensa pure a qualunque seminarista del rito occidentale – la concessione in prassi, però, rimane piuttosto “meramente ipotetica”, che abituale.

La Chiesa Anglicana eppure tutta l´Inghilterra fronteggiano adesso un´impegno altrettanto difficile: devono prepararsi alla prevista visita del Papa Benedetto XVI sulle isole britanniche, la quale avrà luogo già l’anno prossimo. È possibile, che ne fará parte anche l´aspettata beatificazione del John Henry Newman, il noto prete anglicano, che si convertì al cattolicesimo ed era elevato cardinale dal papa Leo XIII. I media britannici stanno sussurrando, che il nuovo ordinariato degli anglicani che tornano alla Chiesa cattolica, potrebbe portare il nome di questo convertita famoso.